A QUESTO POI CI PENSIAMO di Mattia Torre

COPERTINA A QUESTO POI CI PENSIAMO DI MATTIA TORRECAMERA

«A questo poi ci pensiamo» di Mattia Torre è sul mio comodino dal 19 ottobre del 2021. Ricordo bene quella data, era un martedì e quella mattina ho aspettato che le serrande della Feltrinelli di Via Appia Nuova a Roma venissero alzate. Quel giorno sarebbe uscito qualcosa di inaspettato.

Quando lessi dell’uscita di «A questo poi ci pensiamo» di Mattia Torre non ci volevo credere. Leggevo di questo lavoro da parte della famiglia e dei suoi più cari amici, nel visionare i suoi hard-disk, raccogliendo monologhi, appunti e racconti di uno scrittore, sceneggiatore, genio assoluto.

Che bella che è la letteratura quando ti fa questi regali.

Torni a casa con il tuo libro tra le mani, come fosse un tesoro, perché sai che là dentro, in quelle pagine, c’è qualcosa che ti farà stare bene, sorridere, emozionare, riflettere.

Certe cose le avevo fatte per un disco di Fossati, dei Radiohead, di Bowie e ora anche per Mattia.

Ora siamo a gennaio 2022, sono passati tre mesi da allora e lui è ancora lì sul mio comodino (mi piace l’idea che lui si sia reincarnato nelle pagine dei suoi libri), il segnalibro a poco più della metà. Guardo ogni giorno la sua copertina, la sua figura da giovanissimo e la maestosità del mare alle sue spalle e non ho il coraggio di aprirlo.

Mi sono interrogato sul perché e mi sono appuntato le paure che ogni volta mi avvolgono:

«Faccio molta fatica a terminare «A questo poi ci pensiamo» di Mattia Torre; a metà della pagina la mia mente è come se si rifiutasse di proseguire. Sembro un cane che ha capito che in fondo alla strada lo aspetta l’ambulatorio veterinario. Come se quella scatola di cioccolatini che ti sei regalato prima dell’infinita dieta che ti aspetta, con le sue carote bollite e riso in bianco, ti avvertisse che te ne è rimasto solo uno. Questo è l’ultimo libro di Mattia Torre, a meno che non recuperino un altro hard disk nascosto chissà dove, pieno delle sue illuminanti storie. Una volta terminato questo libro non avrò più la gioia di aspettarne un altro di Mattia e questa cosa mi frena, mi fa centellinare le righe. Come si valutano i sorsi di una borraccia mentre si è dispersi nel deserto. Un dono inaspettato, di quelli che scartavamo un tempo sotto l’albero e che trasformavano quel Natale in un giorno indimenticabile. Ho aspettato che la libreria aprisse, le copie erano ancora nelle scatole, il miglior ringraziamento che si possa fare a uno scrittore. Quando finirò di leggerlo? A questo poi ci pensiamo.

INCAMERA

Nel libro c’è una definizione che per me spiega al meglio i racconti, i dialoghi e i monologhi di Mattia Torre. I suoi sono dei veri e propri «scatti narrativi».

Qualsiasi cosa possa scrivere per indurvi, non tanto ad acquistare questo libro, ma a far entrare Mattia Torre nelle vostre vite, è di parte, cavolo se lo è. Nel libro, prima che inizino i racconti, come fosse una prefazione, c’è una definizione che andrebbe trasportata in tutti i libri di italiano, da prendere come introduzione in qualsiasi corso di scrittura creativa del pianeta:

«La scrittura è insieme sorvegliare se stessi e negarsi il sacrosanto diritto di non rischiare»

A Mattia è stato consegnato, attraverso le mani della splendida figlia, il David di Donatello come Miglior Sceneggiatura, per il suo film Figli. Ora sfido tutti voi a guardare il video della consegna e a non commuovervi per quanta vita c’era su quel palco in quel momento, malgrado Mattia non ci fosse:

LA FRASE SOTTOLINEATA

« “Facciamo che io ero” per me è la chiave di tutto, perché rappresenta la possibilità di fare tutto, di essere tutto, semplicemente sognando.» (da «Sogni» pag.41)

Il libro è stato presentato presso il teatro Ambra Jovinelli di Roma.

I suoi più grandi amici e interpreti dei suoi racconti, sono saliti sul palco per leggerlo. 

Di seguito i video estrapolati dal canale YouTube Mondadori:

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