Seguimi!
Kafka diceva che «Un libro deve essere un’ascia per il mare ghiacciato che è dentro di noi»; in questa era di scioglimenti climatici, ci accorgiamo che invece che quella lastra gelata galleggia indisturbata in molte persone, le quali, il più delle volte, si gonfiano il petto per questo loro clima interiore.Comprendendo fin da subito che non ci si improvvisa scrittori, malgrado in rete sia pieno di tutorial che garantiscono di farti diventare il nuovo Calvino, ho tenuto fede al rapporto che semmai avessi voluto scrivere un libro ne avrei dovuti almeno leggere mille.
Lo ammetto, non sono arrivato a tanto, ma il vedermi spesso con un libro in mano, portava le persone che incontravo a dirmi: «Beato te che hai il tempo di leggere», come se l’atto in sé fosse sinonimo di vita ‘spensierata‘; così ogni volta mi ritornava in mente la frase di Woody Allen: «Leggo per legittima difesa».Se a partire da oggi una persona leggesse venti pagine al giorno, in un anno avrebbe letto: Moby Dick, Ulisse, Lolita, Guerra e Pace, Delitto e Castigo, Cent’anni di solitudine, Viaggio al termine della notte e tutti i racconti di Bukowski. Quella persona, tra un anno, sarebbe senza ombra di dubbio migliorata. Così mi sono detto: «Perché non scrivere un libro di racconti, apparentemente leggeri, dove nascondere in essi una morale che possa aprire un punto di vista diverso nel lettore». C’è una frase di Jonathan Swift che mi ha da sempre colpito: «Un uomo non verrà mai indotto con il ragionamento a correggere un’opinione errata che non ha acquisito ragionando»; con questo libro cerco in qualche modo di far ragionare anche il lettore più radicato, raccontandogli una storia apparentemente scanzonata.«Letture apparentemente leggère per spronare i pigri a lèggere; il fatto che tra lèggere e leggère ci sia solo un accento di differenza, mi ha dato l’idea».
Vivo gran parte delle mie giornate con le antenne dritte, cercando di captare le assurdità di questo mondo, per poi trasformarle in storie. In «Scrivo racconti perché l’attenzione scema» si parla di popoli oppressi e di muri che si innalzano, di ignoranza, di presunzione, di sogni, di futuro, di religione, di fanatismo, di guerra, di cattiveria, di famiglia, di mancanza di lavoro, di amore, ma ho cercato di non far mai imbatterete il lettore in qualcosa di scontato, perché a mio avviso è proprio lì il segreto: un finale a sorpresa o colmo di poesia.«Se tra la parola LIBRO e l’essere LIBERO ci sia solo una lettera in più, non credo sia solo un caso. Leggendo ho imparato a farmi una mia opinione e a maledire le volte che ho seguito quelle degli altri »
Non contento di questo, ho deciso di far diventare alcuni di questi racconti e tutti gli altri che scriverò nel tempo, qualcosa di fruibile in un formato audiolibro arricchito da sottofondi musicali, che porteranno lettore/ascoltatore, a vivere quelle parole con la musica che avevo pensato mentre le scrivevo. Sarà questa mia propensione a non discernere la sfera musicale da quella letteraria, ma noto poca distanza tra una chiave di violino e una di lettura. Mentre scrivo tengo sempre il tempo con il piede, le parole hanno un loro ritmo e io mi limito solo a fermarlo su pentagramma, regalando al racconto la musica che lo aveva in un certo senso accompagnato e ispirato. Il tempo ha caratterizzato molto «Scrivo racconti perché l’attenzione scema», tanto che alla fine di ogni racconto, ho riportato il numero di minuti che servirebbero per leggerlo. «Dura solo due minuti, non mi dire che non hai due minuti da dedicarti…».«Questo è un libro dove vivono quel tipo di personaggi che ognuno di noi può incontrare nella vita di tutti i giorni. Il filo conduttore che vi legherà a me che gli ho creati sarà proprio questo: Ma lo sai che pure il macellaio sotto casa mia è un Terminator?»
Alla fine sei costretto a leggerlo
Fase uno: dopo un giorno ecco quel muso ripresentarsi alla tua vista, un altro appassionato di scrittura o lettura che consiglia l’acquisto de «La vita sessuale di Guglielmo Sputacchiera» ; ti dici che prima o poi lo comprerai, ma ora hai altri libri da leggere. Sei lì che ne leggi uno e mentre il protagonista è in preda ai suoi problemi esistenziali, ecco riaffiorarti in mente quello sguardo da roditore che sembra dirti: «Vieni a leggere dei miei problemi esistenziali e poi ne riparliamo».
Si passa alla fase due: di che parlerà questo «La vita sessuale di Guglielmo Sputacchiera»? La quarta di copertina non lascia molti dubbi al caso: «Dio mio! Dio mio, che non esisti! Perché mi hai transessualizzato?»; questo è l’unico indizio che mi concedo, dato che non amo sapere in anticipo di cosa parla qualcosa (odio i trailer dei film che spesso sono la cosa più interessante di tutta la pellicola). Io amante della scrittura grottesca e satirica, mi convinco che sia arrivato il momento di levare l’ancora e andare in libreria dal mio fido direttore Giancarlo per farmi consegnare quel libro con la copertina che ti fissa; la conferma che aspettavo arriva puntuale: «Ottima scelta, t’innamorerai di questo libro». Raramente Giancarlo si sbaglia.
Fase tre: lo leggo e mi accorgo fin da subito che questo Alberto Ravasi sa scrivere davvero bene. La storia di Guglielmo Sputacchiera che una mattina si sveglia donna, è un susseguirsi di situazioni ricche di inventiva linguistica e giochi di parole. Non stanca mai e il Transessualizzato, tra Vulve umanistiche di un Paesello stercoso e manipolatrici testicolari, incontra personaggi di dubbio spessore sociale come Guido Coprofago e il Negro, trasformandosi infine in Carmela Pene.
Ho volutamente preso la parte più poetica di tutto il romanzo, quella che di grottesco e satirico non ha nulla, proprio per sottolineare quanto Alberto Ravasio sappia districarsi bene con la parola narrata e quanto esse siano vere: «Da te ho imparato che un uomo non si nasce né si diventa, ma un uomo si recita, giorno dopo giorno, rinunciando all’emotività, alla comunicazione, alla complessità, al paradosso, alle sfaccettature, ai chiaroscuri, non contraddicendosi mai, non svelandosi mai, nemmeno a se stessi, per tenere su la famiglia, per tenerla su tenendola sotto, per portare avanti le cose, affinché restino ferme, uguale eterne, dove e come sono sempre state».
Su albertofiori.it troverai tanti racconti inediti e gratuiti da leggere dove vuoi, ma soprattutto come vuoi.
Premessa:
A ripensarci dopo tanti anni mi viene da ridere. La scusa di religione racconta di lei, una fuoriclasse nel dribblare il mio pressing amoroso durato settimane. Io, un ragazzo inesperto agli albori dell’adolescenza, incapace di gestire il suo “no”. La sua risposta alla mia proposta di uscita del sabato pomeriggio rimane un capolavoro di diplomazia senza eguali.
Nel racconto ci sono naturalmente parti romanzate. Non sono un sagrestano e non so che fine abbia fatto lei.
Il racconto è incluso nella raccolta «Disavventure Amorose» edito da Affiori.
Ci sono voluti degli anni per riprendermi. Da quel giorno la mia vita è cambiata, così per non impazzire ho trovato rifugio nella religione, la mia.
All’inizio volevo farmi prete, alla fine sono diventato un devoto sagrestano.
Rivederti, però, è stato di nuovo un colpo al cuore.
Eri all’altare, in abito bianco, con il tuo futuro marito che ti prometteva amore eterno davanti a Dio e a Don Saverio.
Eravamo in una chiesa, e nessuno indossava la kippah.
Disperato, ho chiesto a qualche invitato e tutti mi rispondevano: «No, ma che dice?!»
Quindi la tua era stata solo una scusa per non uscire con me quel sabato, vero?
Dimentica cioccolatini e rose!
Affiori celebra San Valentino con “Disavventure Amorose”, una raccolta di racconti ironici sulle disavventure sentimentali. Leggi le storie di autori scelti e rivivi le tue epiche figuracce d’amore.
Perché controcorrente?
Basta con la solita retorica sdolcinata del 14 febbraio! Affiori scommette sulla risata e sull’autoironia con “Disavventure Amorose”, un libro che strizza l’occhio a chi ha vissuto (e chi non ha vissuto?) storie d’amore finite male, appuntamenti imbarazzanti eclatanti figuracce.
Cosa troverai in questo libro:
Un libro per chi:
Se sei sopravvissuto a San Valentino, questo libro è per te!
Scopri le storie di “Disavventure Amorose” e preparati a ridere a crepapelle.
In uscita il 14 febbraio 2024.
Ogni racconto è un’esperienza unica, che ti porterà in un viaggio attraverso le emozioni umane. Potrai sorridere, piangere, riflettere e imparare qualcosa di nuovo su te stesso e sul mondo che ti circonda.
Una storia al giorno è un modo per arricchire la tua vita, una storia al giorno è un modo per crescere, una storia al giorno è un modo per cambiare.
Un pensiero, un ricordo, un’emozione. Tutto può accadere in una giornata, che sia un lunedì di novembre o una serata d’agosto.
Le antologie di questa serie sono parte di un progetto sperimentale che mira a esplorare i confini e le potenzialità della scrittura breve, limitata a un numero preciso di parole. Ogni autore ha creato una breve storia immaginaria, inserendola in uno spazio senza tempo rappresentato dalle parole. Queste storie aprono finestre sulle percezioni più intime, guidando il lettore attraverso gli angoli nascosti dell’essenza umana: dalla profondità dei toni seri alla leggerezza più giocosa. Gli autori restituiscono ai lettori un’immagine fulminea, ideale per accompagnarli lungo l’arco di un intero anno, come una storia quasi quotidiana.Chi non è di Napoli e ama questa città come la amo io, dovrebbe avere un riconoscimento da parte del sindaco in persona, perché soffre di una patologia, come ‘n’appocundria che scuppia ogni minuto ‘mpietto’.
L’immenso Lucio Dalla diceva di Napoli: «Io non posso fare a meno, almeno due o tre volte al giorno di sognare di essere a Napoli. Sono dodici anni che studio tre ore alla settimana il napoletano, perché se ci fosse una puntura da fare intramuscolo, con dentro il napoletano, tutto il napoletano, che costasse 200mila euro io me la farei, per poter parlare e ragionare come ragionano loro da millenni»
Il racconto è incluso nella raccolta UNA STORIA AL GIORNO edita da Affiori
L’antologia “Una poesia al giorno” edita da Affiori, è un viaggio nella bellezza della vita, raccontato attraverso le parole di diversi autori e autrici.
In ogni pagina, un nuovo componimento poetico ci invita a riflettere su un sentimento, un’emozione o un’immagine che solo la scrittura lirica può catturare.
Poesie che parlano d’amore, altre di amicizia, natura, solitudine, speranza: ogni argomento è trattato con sensibilità e profondità.
“Una poesia al giorno” è un libro da leggere tutto d’un fiato o da gustare lentamente, un volume che ci regala un momento di bellezza e di riflessione per ogni giorno dell’anno.
In un «Po'(e)sia», la poesia che ho scritto per questa raccolta, mi sono voluto interrogare sul significato che ha oggi per me questa meravigliosa forma d’espressione.
L’imbarbarimento culturale che spinge sempre di più verso la brevità della forma scritta, sta invece riportando inconsapevolmente la poesia in superficie. Pensare che possa ripartire tutto da essa mi regala qualche speranza.
Molti scrittori stanno approdando alla poesia: mi basta citare Paola Gaglianone e la sua raccolta «Graffiti sulla sabbia», per non parlare di quel geniaccio di Alessandro Gori e della sua raccolta «Canzoniere dei parchi acquatici» di cui ne ho parlato in Libri da Camera. Escluderei, senza fare nomi, i poeti spacciati per tali, di cui il web si nutre; andare a capo ogni tre parole non fa di loro i nuovi messia della rima baciata o sfiorata, per non dire mancata.
c’è poca differenza, aspettiamo. Questo è il momento di una nuova semina.
Cosa vuol dire scrivere una poesia, quando ci si può definire poeti? Qualcuno crede che l’andare a capo ogni tre parole lo trasformi in automatico nel nuovo Foscolo, altri si ostinano a invece cercare ancora la rima baciata, l’assonanza.
Che la poesia serva a porsi degli interrogativi è fuori dubbio. Ho passato decenni a credere che, leggendo nei testi dei vari Fossati, De Gregori, De Andrè, Gaber (e qui mi fermo per non generare una lista di autori che nemmeno una canzone di Sanremo) mi stessi regalando poesia e ne sono ancora fermamente convinto, malgrado le reticenze degli stessi protagonisti a definirsi poeti contemporanei.
E se la poesia invece non fosse altro che una magia (la rima giuro che non è voluta), che sa riconosce il bello, che sia un foglio bianco, una canzone, un quadro, una scultura e ci si insinua, regalando allo spettatore quello stato di calma, che solo la bellezza può regalarti? Poesia e bellezza sono sinonimi?
Ora è il momento delle confessioni, perchè alla fine il passato presenta sempre il suo conto.
Ancor prima di scrivere testi e musiche di canzoni, iniziai proprio da questa nobile forma d’arte. Erano i primi anni ’90, a scuola studiavo i grandi poeti del passato, ma chi mi spinse a scrivere non fu di certo Leopardi o Ungaretti, bensì un ‘poeta metropolitano‘ (così si faceva definire), diventato poi attore di commedie. Sto parlando di Ricky Menphis, ebbene sì. Scoperto da Costanzo e approdato poi alla Deejay Television, trovavo in lui quella valvola comunicativa che mi faceva nascere la voglia di emularlo.Come non citare poi una grande insegnante d’italiano (la Professoressa Tognaccini, pace all’anima sua) che mi diede modo di esprimermi in classe e avere il mio primo pubblico. Proprio dalla cena per il trentennale dal diploma è uscita fuori una di queste poesie (grazie Michela per conservare il nostro passato) e l’emozione nel rileggerla è stata davvero tanta, soprattutto perchè dedicata proprio a quella professoressa. Mi piace l’idea che già da allora nutrissi la consapevolezza che ‘mette un po’ de’ cultura in qua testa‘ sarebbe dovuto essere il mio scopo principale. La bella scuola, quella che ti lascia qualcosa dentro anche a distanza di decenni, soprattutto il ricordo del nome d’arte che mi era stato affibbiato all’epoca, ossia Bebbo Flowers.
Di canzoni da quel momento ne scrissi davvero tante, partendo però sempre dal testo e intendendolo come parte nevralgica dell’opera. Le parole debbono saper trasmettere emozioni, il lettore deve trovare in esse un pensiero che lo abitava, ma che non sapeva decifrare. Quante volte leggendo il testo di una canzone o di una poesia mi sono sentito più forte, appagato. Vorrei citare una frase presa proprio da Ivano Fossati e dalla sua «Pane e Coraggio» che recita così:
“Ma soprattutto ci vuole coraggio
A trascinare le nostre suole
Da una terra che ci odia
Ad un’altra che non ci vuole…”
Davanti a a queste parole ho pensato subito che sarebbe stato inutile scrivere d’immigrazione, già era stato detto tutto; in quattro righe Fossati era stato capace di farmi assaggiare quella tragedia. La poesia è anche questo: consacrazione di un concetto, immedesimazione, ma soprattutto ragionamento dell’anima. Ho sempre odiato l’istintività, il sentenziare per partito preso senza che ci fosse un ragionamento a monte. La poesia mi ha insegnato proprio questo,a ragionare sulle cose.Per qualcuno
scrivere poesie
vuol dire andare
a capo ogni
due o tre parole.
Per altri invece l’importante è che s’imprima
baciata o alternata rigorosamente in rima
Io la trovo invece ovunque
nel testo di una canzone
in un passaggio filtrante
nel sorriso di un neonato
nello sguardo perso di un primo appuntamento,
in un tramonto amalfitano.
Ho solo un dubbio a riguardo
se la poesia sta più nella bellezza
o in chi si accorge di essa.
Copyright© All rights reserved Tratto dalla raccolta «Una poesia al giorno», per la collana Affiori di Giulio Perrone.
Salsedine con le musiche dei Melatti. Un lavoro intenso che ci ha portato a scrivere oltre un’ora e mezza di musiche per questo film nominato già in importanti Festival.
ed è per questo che abbiamo accettato fin da subito di colorare con le nostre musiche, le meravigliose riprese che Riccardo Stopponi, regista di «Salsedine» è riuscito a produrre.
Un progetto itinerante che ha attraversato sei regioni (Abruzzo, Marche, Emilia-Romagna, Veneto, Friuli e Toscana) e più di dieci località e che ha raccontato di antichi mestieri, legati al mare.
Con Menotti Minervini e grazie alla supervisione preziosa di Vittorio Giannelli, siamo stati letteramente risucchiati in queste storie e catapultati prima su un trabocco, poi su un peschereccio, per finire poi lungo le rive di un fiume, prima di ritrovarsi in alto mare. Questo è Salsedine, un viaggio.
tanto da promettermi di andare a trovarne prima o poi qualcuno, così da continuare a parlare di pesca (io che non ho mai preso una canna in mano) e di tradizioni che grazie a loro si tramanderanno nei secoli.
Se dovessimo definire questo film con una sola parola, saremo costretto a chiederla in prestito al mago Silvan, perchè di pura magia si tratta.
Ora che Salsedine è finalmente visibile sulla piattaforma Chili (basta andare sul link di seguito e premere Play – senza loggarsi -), possiamo solo che invitare tutti a “tuffarvi” in questo meraviglioso mondo fatto di mare, pesci e persone.
I Melatti ringraziano soprattutto la Twister Film per aver pensato a noi.
A parte gli scherzi, sono onorato di aver composto questa musica di accompagnamento a un video che racconta per filo e per segno l’enorme lavoro che c’è stato dietro Roma Nft Week e soprattutto i risultati raccolti.
Ora vi lascio che ho una lezione di disegno, perché va bene fare le musiche, scrivere articoli e libri, ma vuoi vedere mai che se mi metto a dipingere, magari qualcuno mi si compra l’opera e divento Lo Scrittista Disegnista Musitore?