Racconti

«Pinocchio e il capitolo che non c’era una volta», perchè se pensavi di aver letto tutto sul burattino più famoso del mondo, forse non sapevi che…

«Cosa accadde la notte in cui Pinocchio da burattino si trasformò in bambino?» Un capitolo inedito e clandestino della favola più famosa del mondo.

Pinocchio e il capitolo che non c’era una volta di Alberto Fiori «Pinocchio e il capitolo che non c’era una volta», il mio primo libro. L’amore che provo per ogni sua pagina è indescrivibile. Ero impegnato nell’editing di quello che si sarebbe dovuto trasformare nel mio romanzo d’esordio, quando la persona con la quale stavo correggendo quelle pagine (Lina Monaco), mi disse che, come casa editrice (Ifix), stavano progettando una nuova collana di libri per bambini (Juvenilia). Il processo della ‘trasformazione’, attraverso i personaggi delle favole che più hanno sofferto quella fase (Pinocchio, la Sirenetta, il Brutto anatroccolo etc.), sarebbe stato al centro del progetto. Non potevo di certo pensare che tra i tanti nomi altisonanti che venivano ingaggiati, io potessi essere stato scelto proprio per inaugurare la collana. Mi venne affidato «Pinocchio», che ben presto divenne «Pinocchio e il capitolo che non c’era una volta» e ora capirete perchè: Non è mai stato nel mio stile riproporre qualcosa di già abbondantemente rivisitato e mi ritrovai con le spalle al muro e un gigante di legno dalle sembianze di burattino che sembrava intimarmi: «Voglio proprio vedere ora che t’inventi».

Mentire a se stessi non è mai bello, figuriamoci a uno come Pinocchio.

Passarono quasi due mesi in cui provai a scrivere innumerevoli versioni di una favola che non mi stava facendo sognare come avrei voluto, poi arrivò come sempre la mia fida alleata a salvarmi. Ricordo che ero nella sede della casa editrice e sbattei le nocche della mano sul tavolo, accusandomi di essere ‘una testa dura’, di non riuscire a trovare quel ‘gancio’ che mi avrebbe permesso di risolvere tutto, quando quel rumore accese in me l’ispirazione. Mi catapultai nel mio studio di registrazione in preda al delirio artistico.

Dopo aver letto la biografia di Collodi, mi balzò agli occhi che l’autore, volontariamente o meno, non aveva accennato a cosa Pinocchio provasse al momento della trasformazione. Cosa accadde quella notte?

Le nocche che sbattevano sul tavolo avevano riprodotto il suono di un cuore ancora di legno che incominciava a battere per la prima volta, così cominciai a programmare il suono del sangue che iniziava a defluire nelle vene, lo scroscio di acqua che cominciava a riempire il burattino, il crescere dei capelli, l’ammorbidirsi della pelle. Tutti gli elementi riproposti a livello sonoro, come delle onomatopee, davano libero sfogo ai sintetizzatori che da sempre mi accompagnavano. Scrissi il testo del libro, ma la cosa più bella e inaspettata ancora doveva accadere. Le illustrazioni del libro vennero affidate all’artista Cecilia Campironi, sotto la sapiente direzione artistica di un mostro sacro dell’illustrazione come Maurizio Ceccato, a cui l’Ifix fa capo.

Reclutammo circa quindici bambini dai sette ai dodici anni, che ogni sabato si riunivano presso la sede della casa editrice, trasformata per l’occasione in un laboratorio artistico.

Venne scelta la tecnica del collage. Intanto il mio testo veniva studiato dalla psicologa dell’età evolutiva Geggina Cassandra, così da portare sugli scaffali un vero e proprio gioiello, sia a livello grafico che di contenuti. «Pinocchio- Il capitolo che non c’era una volta» era realtà.

Da questo libro è stato tratto, con le musiche di Alberto Fiori e le animazioni di Maurizio Ceccato, un video, su cui, un altro piccolo genio, l’attore Leonardo Girolami ha prestato la sua voce:

Il libro venne presentato alla Fiera «Più libri più liberi» e successivamente in molte librerie italiane, riscontrando il consenso di pubblico e critica.

Guarda la conferenza tenutasi  all’Auditorium Parco della Musica di Roma.

Tengo a precisare che nessuna bugia è stata scritta.

Scrivo racconti perché l’attenzione scema, un libro di racconti brevi, ironici, dai finali spiazzanti.

Scrivo racconti perché l’attenzione scema, un esperimento socio-letterario per spingere il lettore più pigro a tornare a perdersi nelle pagine di un libro.

Dalla quarta di copertina di «Scrivo racconti perché l’attenzione scema»: – Ogni volta che ci viene detto: «Beato te che hai tempo di leggere», uno scrittore muore. Scrivo racconti perché l'attenzione scema di Alberto FioriNon volendo essere la prossima vittima di questa roulette culturale, l’autore coglie la sfida provando a comporre questa raccolta di brevi racconti, imprevedibili, dai finali bizzarri e mai scontati. Il lettore si ribellerà a una Storia di condominiale follia, tentando la sorte in un Parcheggio Titanico, segnerà di rovesciata come un vero Bomber, mentre starà pasteggiando un integratore vitaminico Facendo finta che fosse Fanta. Lotterà per una Palestrina Libera, sperando che non esca il 49. Farà il tifo per Rosalba, per il Colonnello Pasquini, si accorgerà che Otto Vite non basteranno probabilmente a Livietta per trovare l’amore. Tutto questo mentre L’uomo delle gomme lo starà osservando e non potrà far altro che dire: «Io non sono il diavolo». Alberto Fiori con uno stile fluido porta alle estreme conseguenze situazioni politiche e sociali negative.-

Perchè questo libro

Ogni mio gesto artistico nasce da un’esigenza interiore; una storia mi sceglie, cerco di capire il modo migliore per raccontarla, che siano note o parole e poi m’impegno al massimo per far sì che possa rendersi fruibile al maggior numero di persone. Con «Scrivo racconti perché l’attenzione scema» e lo ribadisco fin dal titolo, ho sentito l’esigenza non pretestuosa di andare incontro e non contro a questa tendenza che vede la nostra popolazione essere in quartultima posizione in Europa per numero di lettori.
Kafka diceva che «Un libro deve essere un’ascia per il mare ghiacciato che è dentro di noi»; in questa era di scioglimenti climatici, ci accorgiamo che invece che quella lastra gelata galleggia indisturbata in molte persone, le quali, il più delle volte, si gonfiano il petto per questo loro clima interiore.
Comprendendo fin da subito che non ci si improvvisa scrittori, malgrado in rete sia pieno di tutorial che garantiscono di farti diventare il nuovo Calvino, ho tenuto fede al rapporto che semmai avessi voluto scrivere un libro ne avrei dovuti almeno leggere mille.
Lo ammetto, non sono arrivato a tanto, ma il vedermi spesso con un libro in mano, portava le persone che incontravo a dirmi: «Beato te che hai il tempo di leggere», come se l’atto in sé fosse sinonimo di vita ‘spensierata‘; così ogni volta mi ritornava in mente la frase di Woody Allen: «Leggo per legittima difesa».

«Letture apparentemente leggère per spronare i pigri a lèggere; il fatto che tra lèggere e leggère ci sia solo un accento di differenza, mi ha dato l’idea».

Se a partire da oggi una persona leggesse venti pagine al giorno, in un anno avrebbe letto: Moby Dick, Ulisse, Lolita, Guerra e Pace, Delitto e Castigo, Cent’anni di solitudine, Viaggio al termine della notte e tutti i racconti di Bukowski. Quella persona, tra un anno, sarebbe senza ombra di dubbio migliorata. Così mi sono detto: «Perché non scrivere un libro di racconti, apparentemente leggeri, dove nascondere in essi una morale che possa aprire un punto di vista diverso nel lettore». C’è una frase di Jonathan Swift che mi ha da sempre colpito: «Un uomo non verrà mai indotto con il ragionamento a correggere un’opinione errata che non ha acquisito ragionando»; con questo libro cerco in qualche modo di far ragionare anche il lettore più radicato, raccontandogli una storia apparentemente scanzonata.

«Se tra la parola LIBRO e l’essere LIBERO ci sia solo una lettera in più, non credo sia solo un caso. Leggendo ho imparato a farmi una mia opinione e a maledire le volte che ho seguito quelle degli altri »

Vivo gran parte delle mie giornate con le antenne dritte, cercando di captare le assurdità di questo mondo, per poi trasformarle in storie. In «Scrivo racconti perché l’attenzione scema» si parla di popoli oppressi e di muri che si innalzano, di ignoranza, di presunzione, di sogni, di futuro, di religione, di fanatismo, di guerra, di cattiveria, di famiglia, di mancanza di lavoro, di amore, ma ho cercato di  non far mai imbatterete il lettore in qualcosa di scontato, perché a mio avviso è proprio lì il segreto: un finale a sorpresa o colmo di poesia.

«Questo è un libro dove vivono quel tipo di personaggi che ognuno di noi può incontrare nella vita di tutti i giorni. Il filo conduttore che vi legherà a me che gli ho creati sarà proprio questo: Ma lo sai che pure il macellaio sotto casa mia è un Terminator?»

Non contento di questo, ho deciso di far diventare alcuni di questi racconti e tutti gli altri che scriverò nel tempo, qualcosa di fruibile in un formato audiolibro arricchito da sottofondi musicali, che porteranno lettore/ascoltatore, a vivere quelle parole con la musica che avevo pensato mentre le scrivevo. Sarà questa mia propensione a non discernere la sfera musicale da quella letteraria, ma noto poca distanza tra una chiave di violino e una di lettura. Mentre scrivo tengo sempre il tempo con il piede, le parole hanno un loro ritmo e io mi limito solo a fermarlo su pentagramma, regalando al racconto la musica che lo aveva in un certo senso accompagnato e ispirato. Il tempo ha caratterizzato molto «Scrivo racconti perché l’attenzione scema», tanto che alla fine di ogni racconto, ho riportato il numero di minuti che servirebbero per leggerlo. «Dura solo due minuti, non mi dire che non hai due minuti da dedicarti…».

Copertina La vita sessuale di Guglielmo Sputacchiera - Alberto Ravasio«LA VITA SESSUALE DI GUGLIELMO SPUTACCHIERA»

Alla fine sei costretto a leggerlo

Sei iscritto a vari gruppi di lettura e quotidianamente qualcuno consiglia di leggere sempre lo «La vita sessuale di Guglielmo Sputacchiera». Dai un’occhiata alla copertina e c’è un dipinto di un simil roditore con gli occhi umani, il naso lungo, immerso nel grigiore del suo vivere; lo ignori, hai molti altri libri da leggere e fai finta di dimenticarlo.

Fase uno: dopo un giorno ecco quel muso ripresentarsi alla tua vista, un altro appassionato di scrittura o lettura che consiglia l’acquisto de «La vita sessuale di Guglielmo Sputacchiera» ; ti dici che prima o poi lo comprerai, ma ora hai altri libri da leggere. Sei lì che ne leggi uno e mentre il protagonista è in preda ai suoi problemi esistenziali, ecco riaffiorarti in mente quello sguardo da roditore che sembra dirti: «Vieni a leggere dei miei problemi esistenziali e poi ne riparliamo».

Si passa alla fase due: di che parlerà questo «La vita sessuale di Guglielmo Sputacchiera»? La quarta di copertina non lascia molti dubbi al caso: «Dio mio! Dio mio, che non esisti! Perché mi hai transessualizzato?»; questo è l’unico indizio che mi concedo, dato che non amo sapere in anticipo di cosa parla qualcosa (odio i trailer dei film che spesso sono la cosa più interessante di tutta la pellicola). Io amante della scrittura grottesca e satirica, mi convinco che sia arrivato il momento di levare l’ancora e andare in libreria dal mio fido direttore Giancarlo per farmi consegnare quel libro con la copertina che ti fissa; la conferma che aspettavo arriva puntuale: «Ottima scelta, t’innamorerai di questo libro». Raramente Giancarlo si sbaglia.

Fase tre: lo leggo e mi accorgo fin da subito che questo Alberto Ravasi sa scrivere davvero bene. La storia di Guglielmo Sputacchiera che una mattina si sveglia donna, è un susseguirsi di situazioni ricche di inventiva linguistica e giochi di parole. Non stanca mai e il Transessualizzato, tra Vulve umanistiche di un Paesello stercoso e manipolatrici testicolari, incontra personaggi di dubbio spessore sociale come Guido Coprofago e il Negro, trasformandosi infine in Carmela Pene.

INCAMERA

L’ho tenuto fisso sul comodino, centellinandone poche pagine al giorno. Sono rimasto incantato dalla scrittura di Ravasi e ogni periodo lo andavo a rileggere più volte per godere degli incastri linguistici. Da amante della satira e del grottesco, ho sempre amato chi è capace di prendere un argomento spinoso, a volte greve e renderlo digeribile attraverso l’uso attento delle parole. Alberto Ravasi in questo è un maestro e auguro a lui e alla Quodiber Compagnia Extra che lo ha editato lunga vita editoriale, perché se la meritano tutta.

LA FRASE SOTTOLINEATA

Ho volutamente preso la parte più poetica di tutto il romanzo, quella che di grottesco e satirico non ha nulla, proprio per sottolineare quanto Alberto Ravasio sappia districarsi bene con la parola narrata e quanto esse siano vere: «Da te ho imparato che un uomo non si nasce né si diventa, ma un uomo si recita, giorno dopo giorno, rinunciando all’emotività, alla comunicazione, alla complessità, al paradosso, alle sfaccettature, ai chiaroscuri, non contraddicendosi mai, non svelandosi mai, nemmeno a se stessi, per tenere su la famiglia, per tenerla su tenendola sotto, per portare avanti le cose, affinché restino ferme, uguale eterne, dove e come sono sempre state».

Su albertofiori.it troverai tanti racconti inediti e gratuiti da leggere dove vuoi, ma soprattutto come vuoi.

LA SCUSA DI RELIGIONE di Alberto Fiori

La scusa di religione, quando Amore, Tradimento e Fede si scontrano

Premessa:

A ripensarci dopo tanti anni mi viene da ridere. La scusa di religione racconta di lei, una fuoriclasse nel dribblare il mio pressing amoroso durato settimane. Io, un ragazzo inesperto agli albori dell’adolescenza, incapace di gestire il suo “no”. La sua risposta alla mia proposta di uscita del sabato pomeriggio rimane un capolavoro di diplomazia senza eguali.

Nel racconto ci sono naturalmente parti romanzate. Non sono un sagrestano e non so che fine abbia fatto lei.

Il racconto è incluso nella raccolta «Disavventure Amorose» edito da Affiori.

LA SCUSA DI RELIGIONE

Ci sono voluti degli anni per riprendermi. Da quel giorno la mia vita è cambiata, così per non impazzire ho trovato rifugio nella religione, la mia.

All’inizio volevo farmi prete, alla fine sono diventato un devoto sagrestano.

Rivederti, però, è stato di nuovo un colpo al cuore.

Eri all’altare, in abito bianco, con il tuo futuro marito che ti prometteva amore eterno davanti a Dio e a Don Saverio.

Eravamo in una chiesa, e nessuno indossava la kippah.

Disperato, ho chiesto a qualche invitato e tutti mi rispondevano: «No, ma che dice?!»

Quindi la tua era stata solo una scusa per non uscire con me quel sabato, vero?

Copertina Disavventure AmoroseDisavventure Amorose: Il Controvolume di San Valentino per Affiori

Dimentica cioccolatini e rose!

Affiori celebra San Valentino con “Disavventure Amorose”, una raccolta di racconti ironici sulle disavventure sentimentali. Leggi le storie di autori scelti e rivivi le tue epiche figuracce d’amore.

Perché controcorrente?

Basta con la solita retorica sdolcinata del 14 febbraio! Affiori scommette sulla risata e sull’autoironia con “Disavventure Amorose”, un libro che strizza l’occhio a chi ha vissuto (e chi non ha vissuto?) storie d’amore finite male, appuntamenti imbarazzanti eclatanti figuracce.

Cosa troverai in questo libro:

Un libro per chi:

Se sei sopravvissuto a San Valentino, questo libro è per te!

Scopri le storie di “Disavventure Amorose” e preparati a ridere a crepapelle.

In uscita il 14 febbraio 2024.

Potevo mai scrivere qualcosa di normale?

In quanto a me sono stato costretto a riaprire l’album delle figuracce in amore e scegliere una storia che potesse avere un senso essere raccontata. Proprio perchè legata a un periodo storico come questo, così funesto e particolare, mi sono detto che spiattellare la bieca scusa che una ragazza usò davvero con me pur di non uscire insieme, poteva donarmi almeno un certo senso di rivalsa nei suoi confronti. Naturalmente sono stato costretto a romanzarla per non offrire ai lettori una storia in cui un povero cuore, il mio, veniva spezzato da una sadica, ma debbo dire geniale donzella, a cui auguro oggi di essersi sposata con un perdigiorno, che passa le sue giornate al bar a vedere gli altri che si ubriacano, perché non ha nemmeno i soldi per un Campari. Se vi sono sembrato troppo cattivo, leggete cosa si inventò quel genio del male di cui ho dimenticato volutamente il nome, così da ricordarla con nomignoli dispreggiativi ogni volta diversi. Sul sito dell’editore troverete invece le reali e nobili intenzioni che questa raccolta vuole racchiudere, invece qui il mio delirio dal titolo «La scusa di religione».

Copertina Una-storia-al-giornoUna storia al giorno: un’antologia di racconti brevi, edita da Affiori, per esplorare le emozioni umane.

Una storia al giorno è una giornata, un pensiero, un ricordo o un’emozione che scatenano un turbine di eventi, che sia un lunedì grigio di novembre o una serata estiva d’agosto. Con oltre trecento autori, questo progetto sfida a narrare storie brevi: una lettura perfetta durante la pausa caffè o al risveglio, regalando un racconto extra per affrontare la giornata. Ogni storia, unica nel suo genere, esprime amore per persone, città e persino per il cibo; alcune affrontano il tema della morte, sia di chi amiamo sia della nostra, quando non siamo altro che vittime o responsabili. Come i giorni dell’anno, queste storie oscillano tra momenti di gioia, tristezza e normalità. Forse, dopo l’ultima pagina, non saremo più gli stessi di quando abbiamo iniziato questa lettura. Ecco la bellezza: cambiare al ritmo delle storie.

365 racconti brevi, uno per ogni giorno dell’anno.

Ogni racconto è un’esperienza unica, che ti porterà in un viaggio attraverso le emozioni umane. Potrai sorridere, piangere, riflettere e imparare qualcosa di nuovo su te stesso e sul mondo che ti circonda.

Una storia al giorno è un modo per arricchire la tua vita, una storia al giorno è un modo per crescere, una storia al giorno è un modo per cambiare.

Un pensiero, un ricordo, un’emozione. Tutto può accadere in una giornata, che sia un lunedì di novembre o una serata d’agosto.

Le antologie di questa serie sono parte di un progetto sperimentale che mira a esplorare i confini e le potenzialità della scrittura breve, limitata a un numero preciso di parole. Ogni autore ha creato una breve storia immaginaria, inserendola in uno spazio senza tempo rappresentato dalle parole. Queste storie aprono finestre sulle percezioni più intime, guidando il lettore attraverso gli angoli nascosti dell’essenza umana: dalla profondità dei toni seri alla leggerezza più giocosa. Gli autori restituiscono ai lettori un’immagine fulminea, ideale per accompagnarli lungo l’arco di un intero anno, come una storia quasi quotidiana.

Anche stavolta ho perso l’occasione di fare il serio…

A “tema libero” per me vuol dire mettersi alla prova, dare spazio ai ricordi e cercarne uno così abbastanza assurdo e poter dire: «Non è colpa mia, potevate darmi una traccia da seguire». In ‘ Canzuncella‘ ho dato una spolverata al mio passato da piano barista nei villaggi turistici, ritirando fuori una storiella che un po’ cozza con il mio amore smisurato per Napoli e la cultura napoletana, ma che proprio per questo, mi permette di amarne sia i lati positivi che le esagerazioni. Nelle estati passate a suonare nei luoghi più belli d’Italia e non solo, ne ho incontrati tanti di napoletani e vi posso assicurare che spesso e volentieri, il finale era sempre quello che vi ho raccontato. La raccolta è disponibile in tutte le librerie e sul sito dell’editore: www.giulioperroneditore.com

canzuncella copertinaCon «Canzuncella» chiedo pubblicamente che mi venga riconosciuta la cittadinanza napoletana.

Con ‘Canzuncella‘ volevo raccontare il mio amore per Napoli attraverso il più grande difetto che ho trovato nei napoletani che incontravo nei piano-bar di mezzo mondo.

Chi non è di Napoli e ama questa città come la amo io, dovrebbe avere un riconoscimento da parte del sindaco in persona, perché soffre di una patologia, come ‘n’appocundria che scuppia ogni minuto ‘mpietto’.

L’immenso Lucio Dalla diceva di Napoli: «Io non posso fare a meno, almeno due o tre volte al giorno di sognare di essere a Napoli. Sono dodici anni che studio tre ore alla settimana il napoletano, perché se ci fosse una puntura da fare intramuscolo, con dentro il napoletano, tutto il napoletano, che costasse 200mila euro io me la farei, per poter parlare e ragionare come ragionano loro da millenni»

Napoli è così, o la ami o non l’hai mai conosciuta.

Personalmente la uso come argomentazione per dividere i buoni dai cattivi: se ami Napoli possiamo parlare di tutto, al contratrio, avremo poco da dirci. Se ancora non ci sei stato, mi offrirò volentieri per farti da guida e trovare una scusa per tornare. Ci sono due cose però che non mi vanno giù dei napoletani, la prima è che anche se tre quarti di quelli che incontri, Google Maps alla mano, abitano a 50 km da Piazza del Plebiscito, ti verranno sempre a dire di essere napoletani veraci, come se un reatino o un viterbese fossero romani doc. La seconda riguarda quello che vi sto per raccontare (tratto da una storia vera): Ps: a dire il vero ce ne sarebbe pure una terza, la nota vibrata in alcune ‘canzuncelle’, tenuta come nu’ lameeeeeeeeeent.

«Canzuncella»

Quando suonavo nei piano bar si avvicinava sempre qualcuno di Napoli a chiedermi una ‘canzuncella’. Così buttavo fin da subito le mani avanti: «Conosco pure Tuppe Tuppe Mariscià, ma non essendo napoletano, la pronuncia potrebbe non essere perfetta». «Ma nun statt a preoccupà, o’sacc chi tu non sii napulitan»: solitamente era questa la risposta. Intonavo allora un Resta Cummè di Murolo, per poi proseguire con un Reginella da applausi. Era quello il momento esatto in cui, ‘comm ‘nu dejavù’ il cliente si alzava dalla sedia, compiaciuto dall’atmosfera che la sua città aveva creato, per dirmi: «Si brav, cert però se sient che nun sii napulitan».

Il racconto è incluso nella raccolta UNA STORIA AL GIORNO edita da Affiori

Copertina Una-poesia-al-giornoUna poesia al giorno: un anno di versi per esplorare la bellezza della vita

La poesia è un linguaggio universale che ci permette di esprimere le nostre emozioni, i nostri pensieri e le nostre aspirazioni.

L’antologia “Una poesia al giorno” edita da Affiori, è un viaggio nella bellezza della vita, raccontato attraverso le parole di diversi autori e autrici.

In ogni pagina, un nuovo componimento poetico ci invita a riflettere su un sentimento, un’emozione o un’immagine che solo la scrittura lirica può catturare.

Poesie che parlano d’amore, altre di amicizia, natura, solitudine, speranza: ogni argomento è trattato con sensibilità e profondità.

“Una poesia al giorno” è un libro da leggere tutto d’un fiato o da gustare lentamente, un volume che ci regala un momento di bellezza e di riflessione per ogni giorno dell’anno.

Cos’è oggi la poesia?

In un «Po'(e)sia», la poesia che ho scritto per questa raccolta, mi sono voluto interrogare sul significato che ha oggi per me questa meravigliosa forma d’espressione.

L’imbarbarimento culturale che spinge sempre di più verso la brevità della forma scritta, sta invece riportando inconsapevolmente la poesia in superficie. Pensare che possa ripartire tutto da essa mi regala qualche speranza.

Molti scrittori stanno approdando alla poesia: mi basta citare Paola Gaglianone e la sua raccolta «Graffiti sulla sabbia», per non parlare di quel geniaccio di Alessandro Gori e della sua raccolta «Canzoniere dei parchi acquatici» di cui ne ho parlato in Libri da Camera. Escluderei, senza fare nomi, i poeti spacciati per tali, di cui il web si nutre; andare a capo ogni tre parole non fa di loro i nuovi messia della rima baciata o sfiorata, per non dire mancata.

Tra “raccolta” e “raccolto”…

c’è poca differenza, aspettiamo. Questo è il momento di una nuova semina.

Un po' e sia di Alberto Fiori«Un po’ (e) sia» di Alberto Fiori è un piccolo poema composto per la nuova collana di Giulio Perrone Editore ‘Affiori’ e inserita nell’antologia «Una poesia al giorno»

«Un po’ (e) sia» nasce con l’intento d’interrogarsi sul suo significato

Cosa vuol dire scrivere una poesia, quando ci si può definire poeti? Qualcuno crede che l’andare a capo ogni tre parole lo trasformi in automatico nel nuovo Foscolo, altri si ostinano a invece cercare ancora la rima baciata, l’assonanza.

Che la poesia serva a porsi degli interrogativi è fuori dubbio. Ho passato decenni a credere che, leggendo nei testi dei vari Fossati, De Gregori, De Andrè, Gaber (e qui mi fermo per non generare una lista di autori che nemmeno una canzone di Sanremo) mi stessi regalando poesia e ne sono ancora fermamente convinto, malgrado le reticenze degli stessi protagonisti a definirsi poeti contemporanei.

La poesia è bellezza

E se la poesia invece non fosse altro che una magia (la rima giuro che non è voluta), che sa riconosce il bello, che sia un foglio bianco, una canzone, un quadro, una scultura e ci si insinua, regalando allo spettatore quello stato di calma, che solo la bellezza può regalarti? Poesia e bellezza sono sinonimi?

È arrivato il momento di fare «Poet-outing»

Ora è il momento delle confessioni, perchè alla fine il passato presenta sempre il suo conto.

Ancor prima di scrivere testi e musiche di canzoni, iniziai proprio da questa nobile forma d’arte. Erano i primi anni ’90, a scuola studiavo i grandi poeti del passato, ma chi mi spinse a scrivere non fu di certo  Leopardi o Ungaretti, bensì un ‘poeta metropolitano‘ (così si faceva definire), diventato poi attore di commedie. Sto parlando di Ricky Menphis, ebbene sì. Scoperto da Costanzo e approdato poi alla Deejay Television, trovavo in lui quella valvola comunicativa che mi faceva nascere la voglia di emularlo.

Poesia per la Professoressa TognacciniCome non citare poi una grande insegnante d’italiano (la Professoressa Tognaccini, pace all’anima sua) che mi diede modo di esprimermi in classe e avere il mio primo pubblico. Proprio dalla cena per il trentennale dal diploma è uscita fuori una di queste poesie (grazie Michela per conservare il nostro passato) e l’emozione nel rileggerla è stata davvero tanta, soprattutto perchè dedicata proprio a quella professoressa. Mi piace l’idea che già da allora nutrissi la consapevolezza che ‘mette un po’ de’ cultura in qua testa‘ sarebbe dovuto essere il mio scopo principale. La bella scuola, quella che ti lascia qualcosa dentro anche a distanza di decenni, soprattutto il ricordo del nome d’arte che mi era stato affibbiato all’epoca, ossia Bebbo Flowers.

Di canzoni da quel momento ne scrissi davvero tante, partendo però sempre dal testo e intendendolo come parte nevralgica dell’opera. Le parole debbono saper trasmettere emozioni, il lettore deve trovare in esse un pensiero che lo abitava, ma che non sapeva decifrare. Quante volte leggendo il testo di una canzone o di una poesia mi sono sentito più forte, appagato. Vorrei citare una frase presa proprio da Ivano Fossati e dalla sua «Pane e Coraggio» che recita così:

“Ma soprattutto ci vuole coraggio

A trascinare le nostre suole

Da una terra che ci odia

Ad un’altra che non ci vuole…”

Davanti a a queste parole ho pensato subito che sarebbe stato inutile scrivere d’immigrazione, già era stato detto tutto; in quattro righe Fossati era stato capace di farmi assaggiare quella tragedia. La poesia è anche questo: consacrazione di un concetto, immedesimazione, ma soprattutto ragionamento dell’anima. Ho sempre odiato l’istintività, il sentenziare per partito preso senza che ci fosse un ragionamento a monte. La poesia mi ha insegnato proprio questo,a ragionare sulle cose.

«UN PO’ (E) SIA» di Alberto Fiori

Per qualcuno

scrivere poesie

vuol dire andare

a capo ogni

due o tre parole.

Per altri invece l’importante è che s’imprima

baciata o alternata rigorosamente in rima

Io la trovo invece ovunque

nel testo di una canzone

in un passaggio filtrante

nel sorriso di un neonato

nello sguardo perso di un primo appuntamento,

in un tramonto amalfitano.

Ho solo un dubbio a riguardo

se la poesia sta più nella bellezza

o in chi si accorge di essa.

Copyright© All rights reserved Tratto dalla raccolta «Una poesia al giorno», per la collana Affiori di Giulio Perrone.

Salsedine - locandinaSalsedine, con le musiche dei Melatti, è finalmente visibile su Chili.

Salsedine con le musiche dei Melatti. Un lavoro intenso che ci ha portato a scrivere oltre un’ora e mezza di musiche per questo film nominato già in importanti Festival.

Amo il mare quanto la musica e i libri, le tre cose sono per me imprescindibili

ed è per questo che abbiamo accettato fin da subito di colorare con le nostre musiche, le meravigliose riprese che Riccardo Stopponi, regista di «Salsedine» è riuscito a produrre.

Un progetto itinerante che ha attraversato sei regioni (Abruzzo, Marche, Emilia-Romagna, Veneto, Friuli e Toscana) e più di dieci località e che ha raccontato di antichi mestieri, legati al mare.

Con Menotti Minervini e grazie alla supervisione preziosa di Vittorio Giannelli, siamo stati letteramente risucchiati in queste storie e catapultati prima su un trabocco, poi su un peschereccio, per finire poi lungo le rive di un fiume, prima di ritrovarsi in alto mare. Questo è Salsedine, un viaggio.

Non affezionarsi ai protagonisti di queste storie è stato per noi praticamente impossibile

tanto da promettermi di andare a trovarne prima o poi qualcuno, così da continuare a parlare di pesca (io che non ho mai preso una canna in mano) e di tradizioni che grazie a loro si tramanderanno nei secoli.

Se dovessimo definire questo film con una sola parola, saremo costretto a chiederla in prestito al mago Silvan, perchè di pura magia si tratta.

Ora che Salsedine è finalmente visibile sulla piattaforma Chili (basta andare sul link di seguito e premere Play – senza loggarsi -), possiamo solo che invitare tutti a “tuffarvi” in questo meraviglioso mondo fatto di mare, pesci e persone.

I Melatti ringraziano soprattutto la Twister Film per aver pensato a noi.

Per vedere Salsedine clicca qui

ROMA NFT LOGOLa Roma Nft Week si è appena conclusa e il bagno di folla che ha accompagnato questa fiera ha sorpreso e non poco il mercato dell’arte e non solo.

Roma Nft Week al WeGil di Trastevere. Oltre 100 opere esposte, performance dal vivo, talk con i più grandi esponenti della digital art, hanno permesso al Progetto Bridge di puntare poi sull’artista più eclettico, funambolico, ma soprattutto bello che il mercato potesse proporgli (intendo quello di Porta Portese, a due passi dal luogo dell’evento).

Quando mi assoldarono per comporre la colonna sonora del video finale,

misi fin da subito in chiaro le cose, chiedendo di essere pagato profumatamente; Victorr Torrefiel Vicente, deus ex machina dell’intero progetto, prendendo alla lettera le mie richieste, ha pensato così di ripagarmi con una boccetta da 30 ml di Capucci Eau de Toilette.

A parte gli scherzi, sono onorato di aver composto questa musica di accompagnamento a un video che racconta per filo e per segno l’enorme lavoro che c’è stato dietro Roma Nft Week e soprattutto i risultati raccolti.

Per Roma Nft Week Soundtrack ho immaginato un groove anni ’70 che si evolveva verso sonorità più elettroniche, un ponte (per essere fedele al Bridge del progetto) tra passato e futuro, dove l’opera d’arte si evolve senza perdere mai la sua vera anima.

Da artista posso dire oramai con certezza che l’unico modo oggi per essere un artista di fama internazionale (i mercati dell’arte parlano cinese e arabo) passa attraverso queste tecnologie che scalzano le vecchie filiere e mettono l’artista davanti a tutto e tutti.

Ora vi lascio che ho una lezione di disegno, perché va bene fare le musiche, scrivere articoli e libri, ma vuoi vedere mai che se mi metto a dipingere, magari qualcuno mi si compra l’opera e divento Lo Scrittista Disegnista Musitore?

Intanto godetevi le splendide immagini intrise di arte e spero di buona musica: