Etruschi miei

Copertina Etruschi miei di Alberto Fiori

E se per scherzo riscrivessimo la storia?

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  Rimettere in discussione la storia, le nostre origini, a questo ero arrivato, ma l’occasione, in questo caso, fece l’uomo vendicativo. Vivendo sulla via Latina, almeno una volta ogni tre mesi, una voragine riportava alla luce un ipogeo romano e ciò voleva dire minimo un anno di scavi, strade chiuse, traffico deviato e circolazione stradale rallentata all’esasperazione. La storia era sempre la stessa, prima la Sovraintendenza, poi i Beni Culturali, a turno catalogavano i reperti, studiavano l’area ,come se da lì a poco sarebbe dovuto sorgere un prolungamento di Via dei Fori Imperiali. Solo dopo aver concluso i rilievi, arrendendosi alle seppur affascinanti idee urbanistico-espansionistiche, concedevano la possibilità agli addetti al rifacimento del manto stradale, di poter riportare tutto alla normalità, almeno fino al prossimo crollo. Il problema più grande era che questa volta, la voragine si era aperta proprio sotto casa mia. Escavatori, martelli pneumatici, operai che gridavano, il menù non era di certo dei più allettanti. Proprio in quel periodo stavo dando una mano a svuotare la casa di un amico a cui purtroppo era venuta a mancare la madre. Aprendo una di quelle vetrine ricolme di soprammobili, m’imbattei in un piccolo vaso apparentemente risalente all’era etrusca: «Ma questo è autentico? Guarda che è reato non denunciarne l’esistenza». L’amico mio si fece una grossa risata e mi rispose che se quello fosse stato autentico, lui era Sharon Stone; che la madre anni fa si era fatta abbindolare da un tombarolo nel viterbese che vendeva riproduzioni del genere e che quel vasetto valeva sì e no dieci euro. Mi venne istintivo dirgli: « Se non ha per te un valore affettivo, lo vorrei», immaginandomi nella mia mente malata, figlia di film come Amici Miei, come utilizzarlo. «Con tutto la fatica che stai facendo a darmi una mano è il minimo, prendilo pure», mi rispose il mio amico. Il gioco era fatto. La ‘zingarta’, seppur in solitaria si stava per compiere. Non appena tornato a casa, sfruttai una delle solite buche che qualcuno dei miei gatti avevano scavato in un vaso del terrazzo e sotterrai il finto reperto; dopo tre giorni decisi che era il momento di agire. Scesi in strada con il favore delle tenebre e mi avvicinai alle transenne; come se nulla fosse, lanciai il vasetto ancora sporco di terra nello scavo e me ne tornai a casa. L’indomani, orde di archeologi, funzionari e chi più ne ha più ne metta, dibattevano sul ritrovamento, in attesa che i rilievi sul reperto etrusco trovato in una tomba romana, potessero dare luce a un enigma che avrebbe rimesso in discussione gran parte della storia. Alla Conad sentii anche due donne eccitarsi per il probabile arrivo della troupe di Alberto Angela. Io intanto me li gustavo tutti dalla finestra della cucina infervorarsi, mentre qualche professorone si sfregava le mani dopo aver preso appunti per un suo nuovo libro sull’influenza etrusca nell’era romana, da far obbligatoriamente acquistare ai propri studenti. Gli operai intanto se ne stavano seduti sul ciglio della strada, coi cellulari in mano ad aspettare che qualcuno riscrivesse anche la loro di storia. Copyright© All rights reserved
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