DUE VITE di Emanuele Trevi

Due Vite di Emanuele TreviCAMERA

DUE VITE di Emanuele Trevi è un libro che ti chiama e chiede di farsi leggere.

DUE VITE di Emanuele Trevi è un libro che non puoi pensare ad altro mentro lo tieni stretto tra le mani, perchè le parole scritte richiedono concentrazione. DUE VITE di Emanuele Trevi mi ha seguito per la casa, o forse ero io che non mi opponevo al suo richiamo. Tenuto di base sul comodino, questo piccolo gioiello di poco più di cento pagine si è saputo far amare, tanto da ritagliarsi momenti di lettura inediti per me (tipo poco prima di uscire, mentre c’è chi ti aspetta sull’uscio di casa e tu le rispondi: «Un attimo, finisco la pagina e andiamo!»).

INCAMERA

Con DUE VITE di Emanuele Trevi mi sono ritrovato davanti a uno degli incipit più belli che abbia letto negli ultimi anni.

Emanuele Trevi è penna sublime, capace di concepire dei periodi così “incastonati”, da sembrare pietre preziose.

Si parla di amicizie colte, a tratti spigolose, che vivi e inevitabilmente ti senti accresciuto come persona, amicizie da cui imparare e insegnare a tua volta. C’è stato un momento di DUE VITE di Emanuele Trevi, in cui l’autore scrive di un ristorante di Roma, sulla via Ostiense (Al Biondo Tevere), famoso per essersi prestato come set cinematografico del film Bellissima di Luchino Visconti con Anna Magnani, ma soprattutto di essere stato l’ultimo luogo dove Pasolini cenò prima di essere ucciso. DUE VITE di Emanuele Trevi ha avuto la capacità di farmi venir voglia di assaggiare la cucina di quel ristorante, ma soprattutto di respirare quell’aria così pregna di cultura. Ha vinto il Premio Strega e non è un caso. Un plauso a Neri Pozza per aver creduto in questa storia. Consiglio la lettura di questa intervista a Emanuele Trevi uscita sul settimanale L’Espresso.

LA FRASE SOTTOLINEATA

«Coltiva barbabietole, pomodori, lattuga, cipolle, rucola, radicchi amari e un’infinità di altra ottima roba che la avvicina ogni giorno di più a una specie di autosufficienza alimentare. Ne è felice come ogni bambino che, nascosti sotto a una tavolo o dietro una tenda, godono dell’idea di essersi ricavati un mondo nel mondo. Che sia sconfinato o ridotto a pochi metri, un regno è sempre un regno».
 

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