Audiolibro o audioracconto

Audiolibro o audioracconto?

Audiolibro o Audioracconto? Ai podcast l’ardua sentenza

Grazie agli audiolibri sto recuperando terreno, o meglio pagine di libri che avevo perso. Che sia in auto, o in un mezzo pubblico, camminando per la strada o correndo in un parco, se prima mi facevano compagnia Bowie o Peter Gabriel, ora non rinnego l’idea di farmi accompagnare anche da Tolstoj o Dostoevskij, da Carver o London.

 

Audiolibro o audioracconto?

Audiolibro o audioracconto? Bel dilemma per chi, come me, aveva tra le mani un libro, ma composto di racconti. Mi sono detto allora che forse la soluzione era quella proprio di separarli, rendere quelle storie non consequenziali, ma “pillole di vita narrata“. Mi piaceva l’idea che un giorno, qualcuno seduto in auto o in un mezzo pubblico, intento a camminare per la strada o in una corsa nel parco, potesse scegliere i miei deliri musico-letterari, per accompagnarsi.

Se la voce del narratore da sola non basta

Il primo a mettersi sul banco degli imputati sono stato io, in fondo non ero un attore; certo, avevo studiato dizione, oltre dieci anni di canto e almeno l’impostazione l’avevo acquisita, ma il punto era ed è, che in cuor mio, dovevo ammettere a me stesso, che non ci si improvvisa e che il più delle volte abbandonavo un audiolibro per la “tristezza” che mi gettava addosso. Voci funeree, mancanza di pathos, mi portavano a perdermi il senso delle frasi, a farmi viaggiare la mente da altre parti, un continuo riavvolgere il nastro. Se fossi stato proprio io a scacciare gli ascoltatori dai miei stessi racconti?

Quella volta da Teardo

Teho TeardoEra il 2013 e a quel tempo ero redattore per una testata musicale Playmusic (Panini Magazine); il mio responsabile mi disse che avrei dovuto assistere alla presentazione del nuovo disco di Teho Teardo, dal titolo Music for Wilder Mann. Arrivato nel suo studio, notai che non si sarebbe trattato di un classico ascolto del disco in uscita, bensì di una vera e propria esibizione dal vivo, con tanto di terzetto d’archi. Non conoscevo al tempo Teho, fresco vincitore di un David di Donatello per le musiche de Il Divo di Sorrentino, ma compresi fin da subito di trovarmi al cospetto di un genio che suonava una musica lontana anni luce da quella che ascoltavo, ma che della quale, da quel giorno, non seppi più fare a meno. Fu proprio durante quell’esibizione che la sua musica mi scaraventò nel mondo sonoro che era stato deciso, una sorta di mantra catartico che mi fece iniziare a produrre parole nella mia mente. Immaginavo delle frasi che fluttuavano su quella musica, come se il narrato potesse convivere con una base sonora potente, non di contorno. Quando Teho smise di suonare, provai un senso di vuoto, come se quella stanza, piena di gente, fosse stata prima risucchiata in un’altra dimensione, per poi ritornare nell’unica che conosciamo. Ecco cosa cercavo per i miei racconti sonori, quella sensazione, volevo che i miei ascoltatori, provassero quel senso di migrazione una volta terminato di narrare e solo la musica poteva aiutarmi in questo. Ringrazio Teho ufficialmente, inconsapevole musa musicale di questa avventura.

Non c’è molta distanza tra la chiave di violino e quella di lettura

Tornato a casa e scritto l’articolo, mi buttai a capofitto nella produzione del mio primo audioracconto, tessendo una trama sonora di sottofondo che potesse supportarlo, renderlo appetibile, qualora la mia vocalità non fosse stata all’altezza. Facendolo poi ascoltare in giro a persone più o meno del settore, scoprii che, quando ammettevo che la mia voce sarebbe stata poi sostituita da quella di narratori professionisti, mi veniva detto: «E perché, tu sei l’unico che può narrare queste storie, tu sai stare sul tempo». Menotti Minervini Claudia CampagnolaMi feci coraggio e andai avanti, avvalendomi di un fido collaboratore e amico come Menotti Minervini, immenso bassista e tessitore di sonorità, co-fondatore con me dei Melatti e di un’attrice e regista come Claudia Campagnola, che consiglio, dopo consiglio, sta trasformando questi racconti in un’opera teatrale. Intanto il dilemma tra audiolibro e audioracconto persisteva, così ho trasformato il tutto in un podcast di «Racconti a tempo» che spero faccia compagnia a qualcuno…seduto in auto o in un mezzo pubblico, intento a camminare per la strada o in una corsa nel parco.    

Breve parentesi dedicata al detrattore di turno

«Non ti sei inventato nulla, conosco un tizio che…» Di questo qualcuno mi ha accusato, come se io andassi in giro a dire che il narrare un testo su una musica fosse una mia esclusiva. Ho sempre risposto che veniamo tutti da Gaber, che nessuno si è inventato niente. L’unica diversità è che la musica composta per ogni mio racconto è frutto di un ulteriore racconto, quello che narro a Menotti ogni volta e che parla delle sensazioni che sentivo mentre lo scrivevo. Prendiamo nota e suoniamo note, è questo che va a creare la magia, nulla più. Nessun sottofondo ridarebbe a quel racconto la giusta atmosfera se non quello creato appositamente per farvelo ascoltare. «Non mi sono inventato nulla, ma conosco un tizio che a invidia non lo batte nessuno».
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