«Concorso di colpa»

CONCORSO DI COLPA racconto inedito di Alberto Fiori

Scontrarsi contro il proprio passato: non ci sono altri modi per riassumere ciò che è accaduto al protagonista. Tratto da una storia vera…

Tempo di lettura: 4 minuti

ASCOLTA «CONCORSO DI COLPA» IN UN MODO TUTTO NUOVO

CONCORSO DI COLPA

Il mondo non è piccolo, è la sfortuna ad averti rincontrata che conosce ogni strada che percorro. È pur vero che negli ultimi quindici anni la mia preghiera di non rivederti sembrava esaudita. Avevo smesso anche di sognarti. Anche in una piazza gremita per l’evento dell’anno, tu non c’eri. Pensavo fossi espatriata e per questo avevo un po’ di paura ad andare all’estero. Poi smisi di pensarti, è vero che il tempo aggiusta tutto. Io me ne andavo tranquillo per la via di casa, dallo stereo fuoriusciva Red Rain di Peter Gabriel, mentre fuori pioveva: «Senti come ruggisce con la sua voce il vecchio leone: Red Rain is coming down Red Rain…». Non era stata una delle mie giornate migliori, ma nemmeno da buttare via, malgrado il tempo e il traffico. Arrivato in zona, la sindrome della doppia fila sembrava essersi impossessata degli abitanti. «Così se uno suona, vuol dire che ho trovato parcheggio». Io abito in un quartiere di geni! I vigili si erano visti solo una mattina di qualche mese addietro, il suono del fischietto, l’affrettarsi di commercianti e clienti a uscire dai negozi ansimando: «Un attimo che la sposto!». Quella che doveva essere una strada a doppio senso si era ridotta a malapena a far da passerella a una macchina alla volta. Invadevo leggermente con le ruote di sinistra la linea più immaginaria che sbiadita, della carreggiata opposta. Che avevi bisogno di altro per farti notare lo avevo già assodato al tempo, ma ricordo di averti lasciato che guidavi e pure male una Simca. Un pericolo pubblico. Ricordo ancora le raccomandazioni di tuo padre quando uscivamo: «Fate presto e non la far mettere al volante». Ora ti ritrovavo nientemeno che alla guida di un Suv, para-bufali montato al posto del parafango, pronta per scollinare e cogliere di soppiatto il nemico nascosto in trincea; con le ruote più simili a quelle di un trattore, i fari abbaglianti accesi di chi vuole vederci chiaro e pazienza se il resto del pianeta soffrirà per quel tuo bagliore. Il rumore della lamiera della mia utilitaria che strusciava contro la tua ammiraglia; l’unica nota positiva è che non produsse scintille, l’ultima tra noi si spense anni fa, quando mi svegliai da quel torpore che non mi faceva rendere conto di chi avessi accanto. Il gergo romano «Mi fai rodere il culo», con te era diventato qualcosa di veritiero. Ricordo ancora quel giorno dal proctologo. Appena capii che c’eri tu alla guida dell’altra auto, i peli del braccio mi si drizzarono, l’unica parte del mio corpo impegnata in quel momento in una simile azione. Pensavo di averti dimenticato, l’aver bruciato ogni tua foto all’improvviso risultò inutile, i tuoi lineamenti erano la mappa delle mie cicatrici. Mi ritrovavo nuovamente addosso quel tuo sguardo. A ripensarci, era stata meno invasiva la visita dal proctologo. Dovevamo scendere dalle auto e verificare i danni, già una volta lo avevo fatto, subito dopo averti lasciato e ne uscii distrutto. Da allora aspetto ancora il preventivo. Tirai fin da subito indietro lo stomaco, gonfiai il torace. Nessuna voglia di violenza, ma solo l’istinto a far vedere che il tempo lontano da te mi aveva migliorato. Avrei meritato il Nobel per la Letteratura in quel momento, come mi uscì quella frase è per me ancora un mistero: «È la seconda volta che mi capita nella vita di avere un incidente con te». Tirai fuori il CID, ti trattai come un’estranea. Non avevo più niente a che fare con te. L’assicurazione avrebbe mandato il perito, valutato i danni, chiesto i dovuti risarcimenti. Già immaginavo come sarebbe andata a finire e a me stava bene, anzi era proprio quello che desideravo. Non volevo la ragione, quella sappiamo di chi è. Io desideravo solo un bel concorso di colpa, deciso da un giudice di pace, proprio quella pace che tra noi non c’era mai stata. Finalmente sarei potuto uscire nuovamente dalla tua vita con la consapevolezza che qualcuno ti avesse addossato almeno metà della colpa. Copyright© All rights reserved
Raccontalo ai tuoi amici

Tag:,