«Lelletto er matto»

LELLETTO ER MATTO racconto inedito di Alberto Fiori

Oggi vediamo piazze gremite di gente chiamata a raccolta da personaggi che un tempo sarebbero stati additati come i ‘matti del villaggio’. Questa è la storia di ciò che accadde in un paese non tanto immaginario…

Tempo di lettura: 7 minuti

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LELLETTO ER MATTO

Qualcuno diceva che fosse nato già così, altri asserivano che la madre, donna propensa all’alzare un tantino il gomito, se lo fosse lasciato sfuggire dalle braccia mentre lo stava allattando e vuoi per il latte contaminato di mosto, vuoi per la botta in testa, insomma Gabriele, soprannominato Lelletto, era nato intronato. Questo era il termine che suo padre adoperava abitualmente per giustificare le stranezze del figlio a chi gli chiedesse del perché di certi comportamenti. La vita di Lelletto poteva essere divisa in fasi, che prendevano il nome dalla promessa del momento. Le derive di una patologia psichiatrica posso essere svariate, ma il fatto di vivere ogni secondo della propria esistenza promettendo cose improbabili a tutti, era qualcosa su cui bisognava studiarci. Visto che gli abitanti del paese erano tutti luminari in materia grigia, i genitori di Lelletto pensarono bene di non chiedere un consulto a chissà quale primario, ma di affidarsi alla diagnosi popolare, che decretò senza indugi, dopo un summit tenutosi presso il Bar da Nello, quello in piazza, che il ragazzo fosse un pò toccato. Da quel momento, per tutti cominciò a essere Lelletto er matto. Come dimenticare la fase “Gelato” dove se ne andava in giro chiedendo a tutti di comprargli un ghiacciolo e promettendo in cambio l’auto del padre o addirittura la casa dove viveva, per non parlare del momento “Sesso”, dove istigato a dovere dai coetanei del paese, se ne andava in giro a importunare le vecchie, promettendo loro prestazioni sessuali in cambio di un pacchetto di figurine. La fase canterina fu quella che però restò nel cuore e purtroppo anche nelle orecchie di molti. Mentre il karaoke impazzava in tv, lui impazziva per Albano e Romina. Visti esibirsi, la prima volta, a Sanremo ’89 con il brano “Cara terra mia”, Lelletto giurava a tutti di essere il figlio segreto della famosa coppia e andava per le strade del paese sincerandosi che l’intera popolazione stesse bene, cantando e imitando il timbro della voce : “Come va come va, tutto ok tutto ok?”. Quando Lelletto cominciò a farsi più grande, da fenomeno da baraccone che era, venne visto, soprattutto dalle nuove generazioni, come una persona dalla quale stare alla larga. Perso nella sua solitudine e impossibilitato a promettere chissà cosa, passava le giornate rinchiuso in casa a guardare la televisione. Una nuova fase, la più acuta di sempre era alle porte. Trovando il palinsesto inondato di tribune politiche, spot elettorali e ospitate, Lelletto venne come rapito da queste persone che promettevano di rimettere a posto le sorti del Paese. Nuova linfa cominciò a irrorare la sua patologia apparentemente sopita e nel cervello malandato del poveretto si andavano man mano registrando spezzoni di quelle tante promesse che si fanno giusto giusto in campagna elettorale. Fu in una domenica mattina che tutto ebbe inizio. La chiesa era come sempre gremita di fedeli accorsi per ascoltare la parola del Signore, quando sul pulpito non videro il parroco, bensì Lelletto impossessarsi del microfono. L’immancabile “Come va come va tutto ok tutto ok” venne usato per rompere il ghiaccio, ma poi continuò dicendo: “Sono qui per promettervi più soldi per tutti, a fondo perduto; contro le lobby del potere e nessuna paura amici, insieme ce la possiamo fare. Votatemi”. Naturalmente i presenti, che lo avevano inizialmente invitato a lasciare spazio al prete, ebbero la fortuna di ascoltare quel mantra altre centinaia di volte nel corso della settimana. Lelletto non faceva altro che bloccare le persone in strada e dopo avergli chiesto come stessero, iniziava a esporgli le sue pseudo idee politiche. In molti non poterono non notare che in quel periodo Lelletto si era fatto nuovi amici, degli strani tizi di un paese limitrofo, militanti di una sede di partito che aveva da poco aperto i battenti. Ecco allora acquisire sempre più termini, continuamente foraggiato dai suoi nuovi amici a fare sempre meglio: “Prometti Lellè, prometti”. Gli stavano preparando il terreno e a ridosso dell’apertura della campagna elettorale ecco che il paese si riempì di manifesti in cui la faccia di Lelletto, opportunamente abbellita con strumenti di correzione fotografica, risultava splendente e sprizzante di fiducia. “VOTA LELLETTO L’UNICO CHE TI HA SEMPRE CHIESTO COME VA”. Come slogan nessuno poteva eccepire sul fatto che tale affermazione non rispecchiasse la realtà, era il programma elettorale a essere poco veritiero. Delle decine di comizi tenuti nella piazza e nelle tv locali, la promessa per eccellenza, quella su cui si basava l’intera sua campagna elettorale era che avrebbe regalato soldi a tutti, prelevandoli poi dalle tasse di ognuno. Molti compaesani, notoriamente poco inclini a seguire discorsi troppo lunghi, capaci al massimo di prestare attenzione a una parte di una qualunque frase detta, impazzivano all’idea che qualcuno regalasse loro soldi in cambio di niente. Chi aveva confezionato il tutto, conosceva bene l’elettorato e le sue falle cognitive. Qualcuno provò a farli desistere, una sparuta minoranza, che di conseguenza era per la conferma del sindaco in carica. Fu tutto inutile, le spiegazioni, pur brevi e concise, risultarono troppo elaborate per destare un minimo di attenzione nell’altra parte dell’elettorato che sordo, ripeteva a pappagallo gli slogan del proprio candidato. Lelletto venne eletto sindaco con il 75% dei voti. Il matto del paese era diventato il primo cittadino. Da quel giorno il Bar da Nello divenne la sede, anche se non ufficiale, del Municipio. I compaesani avrebbero fatto di tutto per fare contento Lelletto er sindaco: ghiaccioli, pacchetti di figurine, i servigi di vecchie signore desiderose, come gli altri, di vedersi piovere i soldi dal cielo. Copyright© All rights reserved
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