«Scrivo racconti perché l’attenzione scema»

Scrivo racconti perché l’attenzione scema, un libro di racconti brevi, ironici, dai finali spiazzanti.

Scrivo racconti perché l’attenzione scema, un esperimento socio-letterario per spingere il lettore più pigro a tornare a perdersi nelle pagine di un libro.

Dalla quarta di copertina di «Scrivo racconti perché l’attenzione scema»: – Ogni volta che ci viene detto: «Beato te che hai tempo di leggere», uno scrittore muore. Scrivo racconti perché l'attenzione scema di Alberto FioriNon volendo essere la prossima vittima di questa roulette culturale, l’autore coglie la sfida provando a comporre questa raccolta di brevi racconti, imprevedibili, dai finali bizzarri e mai scontati. Il lettore si ribellerà a una Storia di condominiale follia, tentando la sorte in un Parcheggio Titanico, segnerà di rovesciata come un vero Bomber, mentre starà pasteggiando un integratore vitaminico Facendo finta che fosse Fanta. Lotterà per una Palestrina Libera, sperando che non esca il 49. Farà il tifo per Rosalba, per il Colonnello Pasquini, si accorgerà che Otto Vite non basteranno probabilmente a Livietta per trovare l’amore. Tutto questo mentre L’uomo delle gomme lo starà osservando e non potrà far altro che dire: «Io non sono il diavolo». Alberto Fiori con uno stile fluido porta alle estreme conseguenze situazioni politiche e sociali negative.-

Perchè questo libro

Ogni mio gesto artistico nasce da un’esigenza interiore; una storia mi sceglie, cerco di capire il modo migliore per raccontarla, che siano note o parole e poi m’impegno al massimo per far sì che possa rendersi fruibile al maggior numero di persone. Con «Scrivo racconti perché l’attenzione scema» e lo ribadisco fin dal titolo, ho sentito l’esigenza non pretestuosa di andare incontro e non contro a questa tendenza che vede la nostra popolazione essere in quartultima posizione in Europa per numero di lettori.
Kafka diceva che «Un libro deve essere un’ascia per il mare ghiacciato che è dentro di noi»; in questa era di scioglimenti climatici, ci accorgiamo che invece che quella lastra gelata galleggia indisturbata in molte persone, le quali, il più delle volte, si gonfiano il petto per questo loro clima interiore.
Comprendendo fin da subito che non ci si improvvisa scrittori, malgrado in rete sia pieno di tutorial che garantiscono di farti diventare il nuovo Calvino, ho tenuto fede al rapporto che semmai avessi voluto scrivere un libro ne avrei dovuti almeno leggere mille.
Lo ammetto, non sono arrivato a tanto, ma il vedermi spesso con un libro in mano, portava le persone che incontravo a dirmi: «Beato te che hai il tempo di leggere», come se l’atto in sé fosse sinonimo di vita ‘spensierata‘; così ogni volta mi ritornava in mente la frase di Woody Allen: «Leggo per legittima difesa».

«Letture apparentemente leggère per spronare i pigri a lèggere; il fatto che tra lèggere e leggère ci sia solo un accento di differenza, mi ha dato l’idea».

Se a partire da oggi una persona leggesse venti pagine al giorno, in un anno avrebbe letto: Moby Dick, Ulisse, Lolita, Guerra e Pace, Delitto e Castigo, Cent’anni di solitudine, Viaggio al termine della notte e tutti i racconti di Bukowski. Quella persona, tra un anno, sarebbe senza ombra di dubbio migliorata. Così mi sono detto: «Perché non scrivere un libro di racconti, apparentemente leggeri, dove nascondere in essi una morale che possa aprire un punto di vista diverso nel lettore». C’è una frase di Jonathan Swift che mi ha da sempre colpito: «Un uomo non verrà mai indotto con il ragionamento a correggere un’opinione errata che non ha acquisito ragionando»; con questo libro cerco in qualche modo di far ragionare anche il lettore più radicato, raccontandogli una storia apparentemente scanzonata.

«Se tra la parola LIBRO e l’essere LIBERO ci sia solo una lettera in più, non credo sia solo un caso. Leggendo ho imparato a farmi una mia opinione e a maledire le volte che ho seguito quelle degli altri »

Vivo gran parte delle mie giornate con le antenne dritte, cercando di captare le assurdità di questo mondo, per poi trasformarle in storie. In «Scrivo racconti perché l’attenzione scema» si parla di popoli oppressi e di muri che si innalzano, di ignoranza, di presunzione, di sogni, di futuro, di religione, di fanatismo, di guerra, di cattiveria, di famiglia, di mancanza di lavoro, di amore, ma ho cercato di  non far mai imbatterete il lettore in qualcosa di scontato, perché a mio avviso è proprio lì il segreto: un finale a sorpresa o colmo di poesia.

«Questo è un libro dove vivono quel tipo di personaggi che ognuno di noi può incontrare nella vita di tutti i giorni. Il filo conduttore che vi legherà a me che gli ho creati sarà proprio questo: Ma lo sai che pure il macellaio sotto casa mia è un Terminator?»

Non contento di questo, ho deciso di far diventare alcuni di questi racconti e tutti gli altri che scriverò nel tempo, qualcosa di fruibile in un formato audiolibro arricchito da sottofondi musicali, che porteranno lettore/ascoltatore, a vivere quelle parole con la musica che avevo pensato mentre le scrivevo. Sarà questa mia propensione a non discernere la sfera musicale da quella letteraria, ma noto poca distanza tra una chiave di violino e una di lettura. Mentre scrivo tengo sempre il tempo con il piede, le parole hanno un loro ritmo e io mi limito solo a fermarlo su pentagramma, regalando al racconto la musica che lo aveva in un certo senso accompagnato e ispirato. Il tempo ha caratterizzato molto «Scrivo racconti perché l’attenzione scema», tanto che alla fine di ogni racconto, ho riportato il numero di minuti che servirebbero per leggerlo. «Dura solo due minuti, non mi dire che non hai due minuti da dedicarti…».
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